TECARTERAPIA: IDRATAZIONE E GEOMETRIA
LA TECARTERAPIA IN RESISTIVO O CAPACITIVO? Scopri in questo articolo alcuni spunti utili…
Il funzionamento della tecarterapia dipende sempre dalla strategia operativa che il fisioterapista decide di mettere in atto. Infatti, la geometria da utilizzare tra manipolo e piastra e la conoscenza della differenza esistente tra un tessuto resistente e un tessuto non resistente giocano un ruolo fondamentale per il buon esito del percorso terapeutico.
La tecarterapia è una apparecchiatura elettromedicale che ormai diversi anni si è affermata presso gli studi medici e fisioterapici. È utilizzata per:
Il macchinario presenta due uscite, una collegata ad una piastra metallica di scarico, la seconda ad un manipolo guidato dal fisioterapista. Tra le due superfici si genera un campo magnetico ad alta frequenza, come in un condensatore. I tessuti corporei reagiscono al campo, spostando le particelle dotate di carica elettrica, all’interno del campo magnetico. Queste particelle ioniche, già presenti naturalmente nei tessuti, iniziano a rimbalzare tra le due superfici, sbattendo tra loro con un certo attrito e generando così, calore come effetto secondario.
Le particelle ioniche, oltre al calore generato, vengono in parte catturate dalle cellule in disfunzione che non stanno funzionando bene proprio a causa di una carenza di voltaggio elettrico. Praticamente tradotto: le cellule scariche di energia elettrica assorbono le particelle elettriche che gli servono per tornare a funzionare bene.
Ricordiamo che con la tecar si ottengono altri effetti biologici che sono:
Il manipolo può avere diverse testine, di varie dimensioni, che si differenziano in base all’utilizzo che se ne deve fare.
Le due tipologie di manipoli e quindi di modalità di utilizzo della tecar sono:
Nella modalità capacitiva l’effetto si concentra più in superficie (2-3 cm di profondità), nella zona sottostante il manipolo mobile. Si va ad agire quindi soprattutto a livello dei tessuti molli e muscolari, o di vasi sanguigni e linfa, per il trattamento ad esempio di edemi o versamenti. Sono tessuti cosiddetti non resistenti perché ricchi di acqua e quindi che conducono bene l’energia elettrica.
Si lavora in capacitivo per:
Nel resistivo, l’azione è più profonda, rivolta ai tessuti meno idratati, detti resistenti. Essi, avendo meno concentrazione di acqua, spostano poche particelle ioniche e lo fanno lentamente.
Sono esempi di tessuti resistenti le articolazioni, i tendini, i legamenti, ma anche in alcuni casi i muscoli come:
Per effettuare correttamente la tecarterapia in modalità resistiva:
Se così non avviene, la tecarterapia non avrà alcun effetto sul tessuto da trattare! Ecco perché spesso mi sento dire da pazienti che hanno già provato la tecar: “la tecar l’ho già fatta, ma non funziona“.
La tecar, per i suoi principi, funziona sempre. Sta al fisioterapista essere in grado di adottare la giusta strategia operativa con:
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Dott. Fabio Marino
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